delle studentesse e degli studenti delle classi III e IV liceo
I Vitelloni: i singoli e il gruppo davanti al binario della vita
di Christian Cuccurullo - IV liceo
Il film I Vitelloni di Federico Fellini racconta la vita quotidiana di un gruppo di cinque amici in una piccola città balneare nel nord dell’Italia.
È emblematico il titolo I Vitelloni, che si riferisce proprio ai cinque amici, Fausto, Moraldo, Alberto,Leopoldo e Riccardo, bambini intrappolati in corpi di adulti trentenni, accomunati dalla pigrizia e dal desiderio di non accollarsi responsabilità, ma diversi in altri aspetti.
Fellini riesce a delineare i caratteri dei protagonisti raccontando a volte le dinamiche del singolo, altre volte quelle del gruppo.
Ogni Vitellone ha una propria vita, proprie avventure, i propri problemi, che spesso vengono alleggeriti dalla compagnia del gruppo.
Nel film sono numerose le scene dedicate a Fausto, il “donnaiolo” del gruppo, in cui commette diversi errori, tradimenti, furti, e in seguito, grazie alla complicità dei suoi amici e con diverse bugie, prova a rimediare.
Un altro personaggio molto importante è Moraldo, il più giovane del gruppo, sempre disponibile ad aiutare e supportare gli altri Vitelloni. Alla fine del film, però, è proprio lui che decide di partire, senza una meta, ma con la consapevolezza e la speranza di poter percorrere un nuovo binario di vita.
In gruppo, i Vitelloni sono spensierati, fumano e scherzano al bar, si divertono in spiaggia, a tavola, ma quando si trovano da soli è diverso: Alberto, alla fine della festa di carnevale viene colpito da un senso di solitudine; Leopoldo, quando si accorge che nessuno dei suoi amici ascolta il suo testo, a cui tanto teneva, capisce di essere incompreso dal gruppo.
Tutti i personaggi sono tormentati dal fischio dei treni, auto che partono, che li porterebbero lontani dalla vita che hanno sempre vissuto, ma solo Moraldo decide di salire sul treno misterioso della vita, gli altri vitelloni rimangono Vitelloni.
I Vitelloni tragi-commedia cinematografica
di Gabriele Sannai – IV Liceo
La comicità del film I Vitelloni (1953) di Federico Fellini è un tratto indiscutibile: le vicende grottesche del gruppo di amici, trentenni poco cresciuti costantemente alla ricerca delle piccole gioie che la vita di provincia nel dopoguerra può offrirli, sono alla base dell’intera narrazione.
Eppure, quest’atmosfera carnevalesca si intreccia con aspetti drammatici che suscitano l’empatia dello spettatore: precursore di tali aspetti è il temporale che irrompe nella festa di fine estate, l’elezione di Miss Sirena, durante la quale si scopre la gravidanza indesiderata della vincitrice Sandra, fidanzata con Fausto, uno dei membri del gruppo di amici, che si trova davanti a un radicale cambiamento nella sua vita spensierata: il matrimonio, la famiglia da mantenere, la ricerca di un lavoro, le nuove responsabilità che si accumulano, con le quali ha difficoltà a cimentarsi inizialmente.
Il resto del gruppo non subisce in misura minore le conseguenze di questo inaspettato mutamento: la vita oziosa e monotona che fino ad allora avevano condotto non li appaga più. Moraldo, in particolare, sperimenta «l’accorgersi che non si sta bene, o che si potrebbe star meglio», e così, decide di salire su uno dei tanti treni che fino ad allora nessuno di loro aveva avuto il coraggio di prendere.
Un «incipit vita nova» con cui Fellini conclude la sua tragi-commedia cinematografica, lasciando il seguito della storia all’immaginazione dello spettatore.
I Vitelloni: la provincia italiana degli anni Cinquanta
di Leonardo Cicchiello - IV liceo
Il film I Vitelloni realizzato dal regista italiano Federico Fellini e diffuso nei cinema nel 1953 è ambientato in un paesino marittimo di provincia situato nel Nord Italia, ispirato a Rimini, città natale del regista.
Nel film osserviamo che la principale scappatoia del paese è la ferrovia, una porta aperta verso una nuova vita, verso la maturità da cui i vitelloni scappavano, deduciamo quindi che si tratta di un luogo relativamente isolato, come lo mostra la fotografia del film.
Tralasciando il messaggio che Fellini vuole trasmettere, andiamo a soffermarci sulle riprese: dalla verde periferia, alla piazza irrorata di sanpietrini fino alla spiaggia, le scene che si soffermano sulla solitudine dei personaggi ci danno una chiara idea della provincia degli anni Cinquanta; in quelle località deserte dove si percepisce solo il lieve soffiare del vento tra le viuzze e le onde che battono sulla sponda del bagnasciuga sembra che la gente sia scomparsa e il tempo si sia fermato in un attimo che può suscitare calma, solitudine e spensieratezza, quell’attimo dove i vitelloni sono nati, cresciuti, e dove vivranno ancora toccando la trentina. Il paese rimane fermo come lo rimangono i protagonisti.
Se c’è una cosa che trovo affascinante della cinematografia di metà Novecento sono le riprese di spazi aperti, vuoti, come la provincia raccontata da Fellini o come una periferia romana in via di sviluppo da Pasolini, che suscitano in me una grande curiosità di conoscere quella stradina sterrata diventata ora una statale o quel condominio che sta per essere demolito ma che nella pellicola era l’avanguardia di una società in veloce crescita.
I Vitelloni
di Nicole Piconi - III liceo
Tutto il resto è noia
Siamo nel dopoguerra in una piccola provincia italiana. I Vitelloni sono un gruppo di eterni “peter-pan” che non vogliono affrontare la realtà delle cose: non sono più dei ragazzi. Per quanto possono sognare in grande il contesto nel quale abitano li blocca. La dimensione della provincia è concepita come un limite dal quale non ci si può staccare, proprio perché lì si hanno troppi affetti e la propria quotidianità. Il regista F. Fellini ritorna molto sul tema di quasi “assurdità” del trasferirsi in città o in un altro posto attraverso la figura di Alberto che cercava in quei momenti di razionalizzare.
Così come nel paesino dei Vitelloni, tutte le altre province italiane a partire dal dopoguerra hanno cominciato a chiudersi, cadendo nella noia più totale. Si inizia ad avere un ambiente chiuso e una comunità ristretta che non vedeva al di fuori della propria comunità. Ancora oggi si percepiscono le conseguenze.
Sto scrivendo per esperienza poiché io provengo da un paesino e i miei nonni sono cresciuti lì ai tempi del dopoguerra. Mi raccontavano di una vita statica e noiosa proprio come quella nel film. La noia dominava e domina, secondo me, tutt’ora le province italiano; ancora più se si parla di una meta estiva che si “addormenta” nei mesi invernali.
Partire per ricominciare
È interessante fare un focus sulla dimensione dei viaggi. Nel film, dopo il matrimonio, Sandra e Fausto partono in viaggio di nozze a Roma. In loro assenza il fratello di Sandra, caro amico di Fausto, inizia a fantasticare sempre di più sul viaggiare «Ah chissà cosa staranno facendo quei due?». Notiamo questo suo forte desiderio di partire soprattutto quando i due sposi vengono accompagnati alla stazione. Ad un certo punto si ha un focus, breve ma intenso, su questo personaggio e sul suo forte desiderio di partire che si realizzerà alla fine del film.
Un'italia frammentata
Si hanno degli indizi sul contesto storico-politico dell’epoca. Siamo in un’Italia frammentata dalla guerra e in via di sviluppo. Tutto è estremamente statico, soprattutto nelle province. Il lavoro è poco ed è anche estremamente difficile da trovare. Questo aspetto viene delineato dal regista proprio quando presenta la storia di uno degli amici che aveva il desiderio di diventare qualcuno nel mondo del teatro. L'opportunità gli si era proposta ma per qualche paura e motivo non spiegato non prese mai la palla al balzo. Forse perché non era del tutto normalizzato o assecondato in quel contesto quel modo di guadagnarsi da vivere e il personaggio aveva solo paura di essere giudicato.
I Vitelloni: commedia o dramma?
di Elisa Zoletto - III liceo
Nonostante I Vitelloni sembri una commedia, penso che nel film prevalgano gli elementi legati al dramma.
Nelle vite dei protagonisti è spesso presente una tragedia. Fausto e Sandra si trovano a fare i conti con una gravidanza indesiderata che li costringe a sposarsi, ma la loro relazione è burrascosa; Alberto deve fare i conti con la partenza della sorella; Leopoldo deve abbandonare i suoi sogni di gloria letteraria quando è ad un passo dal realizzarli.
Le scene comiche sono presenti, ma lasciano sempre presagire il seguito infelice. Al Carnevale seguono la malinconia per una festa finita e la partenza della sorella di Alberto, e l’emblematica scena in cui si prende gioco dei lavoratori termina con la macchina che si guasta e i protagonisti che fuggono per non venire picchiati.
In generale, ho trovato l’atmosfera abbastanza malinconica. Il gruppo passa le giornate senza fare nulla, le loro vite sono vuote e prive di un obiettivo, le relazioni con le rispettive famiglie sono tese e conflittuali. Quando si riuniscono si dedicano ad attività superficiali, e le loro risate non bastano a cancellare la pateticità della loro situazione, che il film riesce sicuramente a trasmettere allo spettatore.
Solo il finale lascia un po’ di speranza: Fausto, dopo la fuga e il ritrovamento di Sandra, sembra aver compreso quanto tiene a lei, e la ragazza appare intenzionata a non farsi più mancare di rispetto. L’ultima scena è quella della partenza di Moraldo, che forse gli permetterà di crescere e dare un senso alla propria vita. Ma anche questo, coerentemente con il resto del film, è un momento dolceamaro.
I Vitelloni: una commedia o un dramma? Viaggio nella nostra società
di Arianna Dani - III liceo
I Vitelloni è un film del 1953 di Fellini.
Un film che rispecchia la società dell'epoca e ci dimostra l'evidente superiorità dell'uomo sempre attraverso comicità e umorismo.
La storia è divertente con caratteri grotteschi, che hanno lo scopo di provocare il riso nei telespettatori. Seguiremo quindi la storia di cinque amici ormai trentenni della provincia romagnola, i Vitelloni. Il gruppo è composto da: Leopoldo, l’intellettuale appassionato di teatro; Fausto, il donnaiolo che mise incinta Sandrina; Moraldo, il maturo e riservato fratello di Sandrina; Alberto, l’impudente, e infantile, e infine, l’ozioso e indolente Riccardo Fellini.
All'inizio del film, Fausto vuole scappare per non dovere affrontare le sue responsabilità e compiere la sua missione di padre, e ancor prima di marito. Una scena comica e drammatica allo stesso tempo. Divertente nel seguire le peripezie di Fausto, improvvisamente catapultato nei compiti e nei doveri della vita adulta, per diventare maturo e responsabile; tragica nell’accorgersi che Sandrina sarebbe così diventata una madre non sposata e una donna macchiata per sempre dalla vergogna. La donna appare quindi dipendente dall’uomo, e nella nostra società lo è stata e continua ad esserlo, nasce come una figlia, diventa una moglie, una madre e a volte una vedova. Quando allora, azioni, accaduti, scene e fatti mi colpivano in quanto donna e cittadina della stessa società del lungometraggio, quando non potevo sottrarmi dal paragone con la realtà, quando non sentivo più quella leggera comicità disinteressata; provavo disgusto, ripugnanza e un po’ di vergogna. Il film di Fellini diventa una critica del patriarcato quando guardando la sua opera ci sentiamo parte di quel meccanismo, coinvolti in quella stessa comunità scorretta, distorta, arbitraria e permeata da favoritismi. Il mondo è cambiato, ma sicuramente la donna non ha gli stessi diritti o la stessa autorità di un uomo qualsiasi. I generi non hanno la parità e ignorare questo fatto o negarlo porta all’inevitabile rinforzarsi del patriarcato.
Fellini ha offerto alla sua generazione e a quelle future una testimonianza comica che potrebbe realmente segnare l'inizio di un profondo cambiamento.
I Vitelloni, un viaggio interno malinconico
di Matheus Cappelli III Liceo
I Vitelloni è un film che racchiude una complicata semplicità.
Si tratta della storia di un gruppo di amici che si rifiutano di crescere, nonostante il tempo passi.
Il loro gruppo è molto variato e, anche così, vivono tutti assieme le stesse bravate, divertendosi sempre, anche se quasi tutte le volte in modo infantile ed esagerato.
La loro commedia si trova quando sono tutti in compagnia, appunto, ritrovandosi insieme hanno tutti quanti soltanto due preoccupazioni: giochi e donne.
Perdono di vista tutti i problemi che si trovano attorno a loro e vivono quasi come se non ce li avessero mai avuti.
Il loro racconto si suddivide, quindi, in due parti nette: quando sono tutti assieme e quando si trovano soli. Tutte le loro storie singole sono afflitte da problemi famigliari di vita, e tutti quanti si risolverebbero soltanto con la loro crescita.
È attraverso le loro storie che il film racconta la difficoltà e asprezza della crescita e che cosa accade a coloro che si rifiutano di subirla.
Tutto questo dilemma lo vediamo raccolto in un luogo e un personaggio: la stazione e Moraldo. Per la maggior parte del film Moraldo non fa nulla, ma osserva e ascolta. Osserva e ascolta le bravate dei suoi amici, osserva e ascolta il dolore di sua sorella e la mancata onestà di Fausto con lei, ma soprattutto, quando poi si trova solo alla sera, osserva e ascolta un ragazzo che lavora, e lo colpisce profondamente. Osserva e ascolta un ragazzo adulto, che lavora già da piccolo nel luogo in cui lui e gli altri non si degnano di andare, poiché per loro, il treno significherebbe più che un viaggio ma una crescita.
Il film racconta allora un viaggio interno tragico, attraverso le azioni esterne comiche di altri personaggi esageratamente caratteristici, di Moraldo, che deciderà di crescere di fronte alle storie di tutti.
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