Intervista a Fernando Rossano, da anni musicista nella capitale francese
Di Fiorella Rossano
Come ti è venuta la passione per la musica? Che cosa suscita in te?
La passione per la musica mi è venuta nell’infanzia più lontana. Si è poi sviluppata dopo avere imparato a suonare il pianoforte ascoltando tantissima musica, suonando e leggendo gli spartiti al pianoforte. Secondo me, dire di preciso che cosa la musica suscita in me è impossibile. Però posso dire che genera emozioni e corrispondenze fra i suoni, i colori, gli stati d’animo, la poesia, i sogni…
A quale età hai iniziato a suonare il pianoforte?
Ho iniziato a cinque anni e mezzo.
Prima di entrare in una classe di pianoforte, bisogna saper leggere le note? I professori possono bocciare gli alunni come a scuola?
Sì, prima di iniziare il pianoforte gli alunni devono avere predisposizioni al ritmo e alla melodia. I professori possono anche bocciare gli allievi, ma questo succede abbastanza raramente perché la maggior parte degli studenti suona la musica con passione, e quando lo si fa con passione si ottengono buoni risultati.
Quante ore al giorno studiavi il pianoforte?
Studiavo tante ore al giorno. Non mi fermavo più! Mi divertivo a comporre ed inventare nuove melodie e mi piaceva scoprire nuovi pezzi. A volte i miei genitori erano addirittura preoccupati per tutto il tempo che passavo al pianoforte! Quando arrivavano le vacanze scolastiche, non avevo particolarmente voglia di uscire, e mi mettevo subito a suonare per tutto il giorno.
Come ti sei trovato, una volta arrivato a Parigi? Sei stato bene subito, o inizialmente hai trovato qualche difficoltà ad integrarti nella società francese?
Sono arrivato a Parigi a vent’anni, ed era una grande novità per me andare a vivere in un altro Paese, lasciando la mia famiglia a Roma. Ero quindi molto entusiasta ed inoltre, essendo bilingue italiano-francese, non ho avuto la minima difficoltà ad integrarmi nella società francese. Mia madre è nata a Losanna, nella parte francofona della Svizzera, ed ha sempre parlato il francese, invece mio papà era italiano d’Egitto, quindi con lui ho sempre parlato italiano.
La vita da studente a Parigi è stata molto bella per me. Non ho abitato da solo subito. Per i primi due anni affittavo una camera nella casa di una famiglia che mi ha accolto molto calorosamente!
Hai fatto dei concorsi? Quando devi suonare un concerto o devi fare un concorso, hai paura prima di entrare in scena?
Ho partecipato a tanti grandi concorsi internazionali e ne ho vinti alcuni: ad esempio ne ho vinto uno in Sudafrica e uno a Porto. Certo, quando devo entrare in scena ho sempre un po’ di paura, come la maggior parte degli artisti. La paura è anche un segno di buona “salute artistica” perché quando un artista non ha nessuna paura, è come se entrare in scena fosse una “routine” e non ci fosse più nessuna emozione ad eseguire un pezzo.
Partecipi ad attività in collegamento con l’Italia e la Francia (per esempio concerti) ?
Sì, suono regolarmente in Italia in vari concerti, festival, e lì ho fatto anche molti “master class”, che sono delle lezioni pubbliche.
Nella tua vita quale importanza ha la musica, fuori dall’insegnamento? Ad esempio, quando sei arrabbiato o triste, senti il bisogno di ascoltare musica o di suonarla, e ti aiuta? Oppure se ti si togliessero tutti i dischi che possediamo a casa, la tua vita non sarebbe la stessa?
La musica non ha un’importanza nella mia vita, la musica è la mia vita perché la sento in me in ogni momento. E alcune musiche mi sembrano addirittura la “colonna sonora” della mia vita. Quando sono triste o arrabbiato la musica mi aiuta moltissimo e ne sento il bisogno. Però in fondo non avrei neanche bisogno di ascoltarla perché ce l’ho in me, quindi posso ascoltarla interiormente, quando voglio! Anche suonare mi aiuta perché metto in pratica ciò che sento dentro di me. I dischi sono oggetti materiali, ma la musica non lo è. Infatti la musica è l’unica arte che non è materiale: un quadro quando è terminato esiste, mentre la musica quando è finita sparisce, ma è bello così. Quindi i dischi sono stati fatti per cercare di rendere la musica materiale, ma in realtà non lo è comunque. Se mi si togliessero tutti i dischi, non mi si toglierebbe la musica!
“L’insegnamento italiano e quello francese sono due modi diversi di insegnare il pianoforte. Il metodo italiano si basa molto sull’acquisizione della tecnica strumentale, e si studia molto Bach, Scarlatti ed altri autori del periodo barocco e preclassico.”
In quale conservatorio insegni? Quali differenze ci sono fra l’insegnamento pianistico francese e quello italiano? Sono più o meno uguali o sono diversi?
Io insegno in due conservatori diversi: il Conservatorio a Raggio Regionale di Saint-Maur, vicino a Parigi (dai principianti al perfezionamento) e il Conservatorio Nazionale Superiore di Musica di Parigi, alla Villette (il livello del bachelor e master).
L’insegnamento italiano e quello francese sono due modi diversi di insegnare il pianoforte. Il metodo italiano si basa molto sull’acquisizione della tecnica strumentale, e si studia molto Bach, Scarlatti ed altri autori del periodo barocco e preclassico. Secondo me questo dà agli allievi una tecnica solida e una padronanza dello stile. Inoltre, in Italia si studia molto repertorio, per tanto tempo e i programmi d’esame sono molto lunghi. L’insegnamento francese, invece, è apparentemente più competitivo per via della tradizione dei pezzi d’obbligo (cioè quando tutti gli allievi devono suonare tutti lo stesso pezzo e vengono giudicati in funzione di chi suona meglio un solo pezzo). Questo in Italia non esiste. In Francia si tende a cambiare programma più frequentemente che in Italia e gli esami sono più corti.
A marzo, durante il confinamento, ti sei trovato bene con le videolezioni?
Sì, mi sono trovato benissimo con le videolezioni perché le ho fatte in diretta e non ho avuto nessun problema. Certo la qualità del suono non era sempre eccellente, ma potevo sentire molto distintamente tutti i dettagli di quello che veniva suonato dai miei allievi, come in presenza. Ho anche la fortuna di dare delle lezioni individuali, cosa che a distanza è più facile da gestire rispetto alle lezioni di gruppo.
Grazie per le risposte.
Grazie a te.
Fernando Rossano al piano
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