delle studentesse e degli studenti della classe IV liceo
Variazione sui nomi (di Alice Pacchiotti)
Come afferma Umberto Eco nel suo manoscritto, siamo solo nomi. Ecco, Filippo Tuena ne Le variazioni Reinach decide di seguire il nome Reinach e di scoprire la storia che vi si cela dietro. Le variazioni del titolo fanno riferimento al personaggio che Tuena sceglie, Léon Reinach, che si dichiara «compositeur de musique». La storia di una famiglia ebraica, i Reinach, legata alla storia della nobile famiglia Camondo, è raccontata da Tuena attraverso documenti, fotografie e dipinti, in una serie di variazioni, di voci, all’interno delle quali l’autore si inserisce - in terza persona, per evitare ogni coinvolgimento - come personaggio, lo scrittore, che diviene direttore della musica della Shoah, la musica dei Reinach e della loro storia dalla Parigi di Renoir e Proust fino ad Auschwitz.
Variazione sull’immortalità (di Noa Carusi)
Filippo Tuena scrive le Variazioni Reinach per «inseguire quella storia», per soddisfare la profonda curiosità scaturita dalla folgorante visione delle fotografie di due bambini, Fanny e Bertrand, al Musée Nissim de Camondo a Parigi. A partire da «quella domenica di marzo», Tuena decide di appropriarsi, in qualche modo, di quella storia, rielaborarla e pubblicarla. Le fotografie e una sonata in re minore «forse eseguita, certamente perduta» sono i revenants di questo romanzo con cui Tuena soddisfa la volontà egoistica dell’immortalità: «Mi piacerebbe che qualcuno tra mezzo secolo mi facesse tornare in vita».
Video di Ida Blasi, Elisabetta Muggittu, Christian Cuccurullo e Nicolò Mantovani
Variazione sull’arte I (di Clelia Velin)
Nel romanzo Filippo Tuena utilizza l’arte come mezzo per ricostruire il percorso di discesa sociale della famiglia Reinach. L’autore viaggia attraverso l’architettura parigina dell’epoca, attraverso la tonalità del re minore, attraverso i dipinti e le fotografie, per far rivivere con la letteratura ciò che è stato dimenticato. Lo scrittore illustra la sparizione di quest’epoca di distruzione dell’identità umana, riportando alla luce i fantasmi di questa famiglia ebrea, ma soprattutto tutte le loro opere d’arte distrutte e sequestrate.
Variazione sull’arte II (di Emma Cassarà)
La sensibilità per il mondo dell’arte di Filippo Tuena nelle Variazioni Reinach è sicuramente dovuta al mestiere di antiquario che fu prima del padre e poi suo. Ciò che mi ha colpita di più e che non è raccontato abbastanza nei libri di storia è il sequestro dei quadri delle famiglie ebree durante l’occupazione nazista fra il 1940 e il 1943. 9455 opere d’arte furono strappate dalle case ormai vuote. L’aspetto architettonico e la descrizione delle varie ville e dimore della famiglia Reinach ci permette di immergerci completamente nella loro vita. Un altro elemento interessante è la relazione che la famiglia aveva con vari intellettuali e artisti, ad esempio, Marcel Proust, che scriveva spesso ai membri della famiglia, e Renoir, che dipingerà il ritratto di Irène, la madre di Béatrice de Camondo. La fotografia poi gioca un ruolo fondamentale perché, come se accertasse la veridicità dei fatti, testimonia in modo concreto la tragica storia del declino familiare. Per non farci cadere nell’illusione del romanzo romanzato, Tuena inserisce un gran numero di testimonianze visive, corrispondenza e documenti.
Variazione sull’arte III (di Beatrice Comotti)
L’arte nel romanzo ha la funzione di raffigurare il passaggio fra due realtà di una famiglia ricca ebrea, che nasce come alta borghesia francese e muore da emarginata: ai luoghi della loro vita sono affidati un significato e un ricordo che possano rispecchiare quello che sono stati prima di venire derubati della loro vera persona. La fotografia serve anch’essa a lasciare traccia di quello che è stato e aiuta l’autore a iniziare il suo libro, «con un morto che vuole tornare in vita». Le fotografie trasmettono anche quello che è il carattere dei personaggi: come quello di Léon, che nella foto di famiglia, con il suo sguardo, trasmette il suo essere «dispettoso» e rompe l’atmosfera di serietà, serenità e felicità del momento dello scatto per ricordarlo in futuro.
Variazione sull’arte IV (di Nicolò Mantovani)
I beni artistici materiali della famiglia Reinach sono il simbolo della condizione sociale dei personaggi, la posizione di rilievo di una ricca famiglia di banchieri. L’arte in tempo di guerra funge in un primo momento come forma di protezione per la famiglia dalle persecuzioni, una riparo e insieme una prigione, in quanto decidono di non scappare perché «difficile per i ricchi abbandonare i propri averi». La musica per Léon e la poesia per il padre Théodore hanno funzione terapeutica, di riparo dai mali e dalle oppressioni del mondo esterno ed elevano i due ad una condizione di felicità.
Variazione sull’arte V (di Lorenzo Cipriani)
Tuena ritiene il suo lavoro di ricerca nel passato vago e indefinito (si ha la «certezza del niente», dice nella Variazione su due e-mail); l’arte interviene notevolmente da questo punto di vista andando a colmare il vuoto che le ricerche lasciano nello sviluppo della storia. Nella Variazione sulla guerra, la fotografia funge da filtro tra ciò che si vuole trasmettere con una foto e la realtà crudele che sta dietro: Tuena si affida alla documentazione fotografica, ma accompagnandola sempre con un’accurata spiegazione che va oltre l’immagine.
Variazione sull’arte VI (di Ginevra Ronze)
I vecchi cimeli, gli oggetti d’arte, i documenti d’archivio, le fotografie permettono a Filippo Tuena di ripercorrere l’incredibile tragica ed emozionante storia dei Reinach. L’arte aiuta a pensare ad altro nel tragico momento della guerra; la fotografia cattura il momento per conservarlo per sempre. Nel luglio del 1941 i nazisti sequestrano alcuni dipinti e documenti di famiglia che Léon aveva fatto conservare: qualunque oggetto presente nella vecchia vita è importante e ci rende nostalgici, perché essi sono una piccola parte di noi.
Variazione sull’ekphrasis (di Sara Rattal)
L’arte è la chiave di lettura di questo romanzo. Grazie alla descrizione dettagliata delle case, dei luoghi ma soprattutto delle fotografie che l’autore riporta nel libro, si viene a creare un filo conduttore che lega la storia. Con la descrizione delle case, soprattutto della villa Kerylos, tiene in vita i personaggi, ricorda la loro storia, la spiega. Anche le fotografie hanno un ruolo fondamentale: l’idea di scrivere il libro nasce, infatti, dall’aver visto le fotografie di Bertrand e Fanny, i due figli di Léon e Béatrice. Grazie alle immagini, l’autore capisce o cerca di interpretare le emozioni, gli stati d’animo dei personaggi, come con il ritratto di Irène (la madre di Béatrice) e quello della figlia. Grazie alla fotografia, capisce e riesce a dare forma ai personaggi che aveva immaginato e ai luoghi.
Variazione sul cambiamento (di Elisabetta Muggittu)
Le variazioni dei Reinach sono anche i cambiamenti delle vite dei personaggi: i loro sentimenti sono lo specchio delle loro vite, dei cambiamenti che hanno dovuto subire fino alla deportazione. La storia della Shoah è sta una variazione complessiva, e così lo è stata quella di ogni singolo individuo. Ed è in questo modo che l’autore cambia la prospettiva del raccontare la storia: racconta i fatti reali che hanno coinvolto tutti gli Ebrei nella Parigi occupata dai Tedeschi, come il sequestro di oggetti di valore e opere d’arte, accompagnandoli con i fatti specifici della famiglia Reinach, come il sequestro del ritratto di Irène, madre di Béatrice de Camondo, la moglie di Léon Reinach. «Il documento si fa racconto, il racconto sommessa e irrinunciabile testimonianza» dice Antonio Debenedetti a proposito del romanzo di Tuena, e così quei fatti reali e i documenti, che vengono raccontati con un tono pacato e travolgente, testimoniano il destino di una famiglia, della loro storia e delle loro variazioni all’interno della storia della Shoah, che è un insieme di tante testimonianze.
Variazione su Parigi (di Elisa Barski)
È interessante come la prospettiva sia quella parigina, quella di una città che sentiamo respirare tutti i giorni ma che è ben diversa da quella in cui viveva la famiglia Reinach. Ai tempi del romanzo, Parigi era divisa tra angoscia e tranquillità: all’arrivo dei primi tedeschi schierati in Place de la Concorde, sembra esserci nell’aria una certa serenità causata dalla sorprendente cortesia di questi ultimi. Si tratta della vera storia, quella che non viene raccontata spesso, della storia della città nella quale viviamo, dei luoghi che frequentiamo. Spesso passeggiando tra le vie grigie di Parigi, non percepiamo la realtà che stava dietro a certi palazzi, edifici o musei e Tuena, narrandoci la storia di una Parigi che sembra fantastica, ci racconta i fatti.
Variazione su un autore personaggio I (di Nina Adrot-Castorina)
La linea tracciata dall’autore, quella che narra le vicende della famiglia Reinach, si confonde spesso, anzi in certe variazioni viene addirittura cancellata da una seconda linea, una più intima, che ci permette di entrare nella testa dell’autore e di capire il suo processo di creazione. Tuena non si nasconde dietro alla storia dei suoi personaggi e diventa il filtro attraverso il quale vediamo la storia. Diventa il vero protagonista del romanzo, il personaggio che conosciamo meglio. Forse scrivendo di sé in terza persona, sperava di passare in secondo piano, ma noi seguiamo ogni suo passo per le vie di Parigi, assistiamo a ogni suo incontro, leggiamo ogni sua mail: lo accompagniamo durante tutto il suo percorso di ricerca sulla storia dei Reinach-Camondo.
Variazione su un autore personaggio II (di Francesco Valoroso)
In una via di mezzo tra autobiografia e narrazione della decadenza di una famiglia ebrea della Parigi che conta durante l’Olocausto, lo scrittore diventa parte integrante del romanzo. Descrivendo il suo processo di ricerca e di creazione, dà un senso più profondo al dovere di memoria mettendo in luce anche la ricchezza dell’esperienza, che nasce dall’incontro della memoria con l’immaginazione.
Variazione sull’autore e il suo romanzo (di Christian Cuccurullo)
Il romanzo di Filippo Tuena narra la storia della Shoah da una prospettiva diversa rispetto a quella con cui siamo abituati a confrontarci. L’autore racconta l’ascesa dei Reinach, la loro variazione sociale, che culmina in una «discesa verso il niente». Le variazioni Reinach non è solo un documento storico, non è assolutamente un romanzo nozionistico, è un racconto. Tuena non fa poesia: rimane fedele al vero.
Variazione sul personaggio di Léon I (di Bianca de Virieu)
Le fotografie dominano l’intero libro, le persone grazie alle fotografie e alle descrizioni dell’autore diventano quasi reali, realtà e immaginazione si accordano. Nella fotografia che ritrae la famiglia Reinach vediamo Léon da bambino che guarda la fotocamera con uno «sguardo beffardo». Questa immagine ricorda anche la figura di Bertrand, che come il padre guarda in modo ossessivo, ma meno diabolico, la fotocamera.
Variazione sul personaggio di Léon II (di Alice Andolina)
C’è un filo invisibile che lega la storia dell’autore alla storia di queste due famiglie che si sono incontrate e Tuena è quasi un portavoce di questa eredità, di questo svelamento di verità passate. Il suo «Scelgo Léon» nel momento in cui distingue la sua voce da quelle di tutti gli altri personaggi è un modo per svelare se stesso. È una sorta di incontro, quello che avviene tra loro, che illumina il resto del libro. Questo filo invisibile dà la possibilità di immedesimarsi in ognuno di loro: la Grecia nostalgica di Théodore, la morte di Nissim, la sofferenza di Béatrice che, ormai sorda, si ritrova da sola tra i suoi momenti bui, le vite di Fanny e di Bertrand, che decadono sempre di più. Tuena scrive di aver «scelto Léon» e di aver tracciato questa linea grazie a lui e alla sua musica, ma è veramente così evidente tutto ciò nel libro? Da lettrice, noto come questa preferenza non si veda particolarmente ma sia invece una sorta di punto di arrivo tra la sua vita, la nostra e quella di Léon.
Variazione sul personaggio di Léon III (di Chiara Santoro)
Tuena sceglie fin da subito Léon. Si immedesima in questo personaggio, fino a trovare delle forti somiglianze con lui. Entrambi padri, nella storia di Léon, intreccia i suoi pensieri, le sue paure e i suoi sogni. «Penso che è facile che un padre non sia utile», ma racconta di quando si è finalmente sentito utile per suo figlio, quando lo ha rassicurato. Immagina quindi che, anche per Léon, rassicurare Betrand sulla spiaggia sia stato il momento in cui si è sentito utile, che per lui è stato un «momento perfetto».
Variazione sul personaggio di Léon IV (di Ida Blasi)
Léon è un personaggio molto complesso: è sempre stato distante dalle preoccupazioni, ha sempre preferito il silenzio e la quiete, ma soggetto all’atmosfera rinchiusa in cui sta vivendo, i suoi pensieri si rivolgono ad altro: alla sua condizione, tanto che decide di fuggire, e a quella della sua famiglia. Léon inizia a sentirsi responsabile delle azioni, degli errori e delle preoccupazioni del figlio. Questo atteggiamento, però, non incarna altro che i sogni e i pensieri dello scrittore, anche per quanto riguarda il rapporto con colui che nel romanzo è «il piccolo italiano». Seguendo questa linea tracciata dall’autore, andiamo anche incontro alle tante incertezze e imprecisioni nella storia, che si riflettono nello scrittore; questo vuoto in Léon si proietta nella sua musica che conduce a un senso di silenzio, di assenza.
Variazione sul personaggio di Moïse (di Caterina Pucci)
Léon Reinach è un personaggio «frivolo» nella sua natura, non spiacevole, ma sicuramente distante dalla vita della quale ho fatto esperienza come adolescente del XXI secolo. Durante la lettura, un personaggio che ho trovato significativo, nonostante la brevità della sua presenza nel romanzo, è Moïse de Camondo. Moïse è, per ovvie ragioni, anche solo cronologiche, molto lontano da me, ma l’immagine di questo padre rimasto solo, prima abbandonato dalla moglie e poi, soprattutto, colpito dalla perdita del figlio, è rimasta come stampata nel mio immaginario durante tutta la lettura. Già in vita perde i suoi connotati di uomo e si lascia andare alla solitudine, come se circondarsi di vivi fosse un insulto al fantasma di Nissim. La lingua italiana non possiede un vocabolo che possa connotare un genitore che perde un figlio e trovo che la grande capacità dell’autore sia stata anche quella di raccontare con delicatezza e rispetto il lutto e la morte interiore di un uomo, che, solo, circondato dai suoi mobili, sentendo di non avere più niente, vive in un’attesa ricolma di silenzio, come se nemmeno quella melodia che riecheggia in ogni pagina del romanzo fosse più gradita nella sua casa, una casa che, ora che è la dimora del fantasma di suo figlio, non vuole più distruggere.
Variazione su Adorno (di Matteo Galimberti)
Le variazioni Reinach sono una risposta all’affermazione provocatoria di Th. W. Adorno: «Scrivere una poesia dopo Auschwitz è un atto di barbarie». Tuena scrive poesia attraverso la musica del suo romanzo: grazie alla sua penna e alle fonti che riesce a trovare, documenti ma anche testimoni, ci addentriamo nel buio del periodo storico e nella vita delle persone. La musica porta armonia nel dramma.
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