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Classe II Liceo

Non ci resta che piangere: il Medioevo di Benigni e Troisi

Recensioni delle studentesse e degli studenti della classe II liceo


di Gianluca Cuccurullo - II liceo

Per Treccani è l’attraversamento di una ferrovia con una strada ordinaria per Mario e Saverio, protagonisti del film (interpretati da Massimo Troisi e Roberto Benigni), il passaggio a livello è una noiosa perdita di tempo.

Nell’attesa Saverio parla a Mario della relazione tossica di sua sorella con un americano. Avvisati che passeranno molti altri treni dall’addetto decidono di cambiare strada e tra i vari «gira a destra» oppure, «no, gira a sinistra» ecco che si perdono. La macchina si rompe e, come se non bastasse, inizia una tempesta. Mario e Saverio, stanchi ed infreddoliti, avvistano una locanda e decidono di trascorrervi la notte. Vengono accolti come ospiti nel locale, dove si nota un imprescindibile dettaglio: sul documento dove l’oste registra gli ospiti la data è chiara: è l’anno 1492.


Jacopo Zoletto e Tommaso Mantovani intepretano Mario e Saverio


I due uomini riposano, ma al risveglio assistono ad una scena tanto brutale quanto insolita: un uomo della locanda viene trafitto alla finestra da una lancia. Mario e Saverio sono increduli, cercano di convincersi che tutto ciò sia uno scherzo e provano a tornare a casa, ma il loro destino è inevitabile e tutte le persone che incontrano glielo ripetono: «siamo nel 1400 quasi 1500, a Frittole». I due protagonisti sono costretti quindi a vivere in questa realtà, che per quanto non sembri così distante nel tempo, rappresenta un cambiamento radicale del loro stile di vita. 

Mario e Saverio si abituano con il tempo a convivere con la società e i costumi del XV secolo, a tal punto che Mario trova l’amore in una donna del tempo.

Un giorno Saverio scopre l’anno preciso in cui sono finiti e si rende conto di una cosa: è il 1492,  l’anno in cui Cristoforo Colombo scopre l’America. È la sua occasione per impedirglielo, così sua sorella non conoscerà mai quel farabutto americano. Porta Saverio con sé e partono alla volta della Spagna, incontrando, durante il viaggio, persino Leonardo da Vinci a cui spiegano come funzionano i treni ed altre tecnologie del XIX⁰ secolo.

La missione di Saverio fallisce e Colombo salpa verso l’America. Mario e Saverio sono affranti e restano imprigionati nel tempo.

Commento

Non ci resta che piangere è un capolavoro unico nel suo genere, riesce a raccontare con la leggerezza della commedia un importante momento per la storia  dell’umanità, in particolare grazie ai due attori protagonisti e registi Massimo Troisi e Roberto Benigni, che nel film sono due amici che si ritrovano di colpo catapultati nel passato. Questo stratagemma narrativo è reso piacevole per lo spettatore tramite il linguaggio di Mario e Saverio, attraverso il dialetto napoletano e l’accento toscano.

Il Medioevo dal loro punto di vista è qualcosa di inconcepibile e lontano dalla quotidianità degli anni Ottanta (basti pensare al momento in cui cercano l'interruttore per accendere la luce). Mario e Saverio vivono la morte di un membro della famiglia che li ospita a causa di un potente signore del paese; conoscono il significato di amore nel XV secolo e mettono alla prova la loro stessa amicizia. Tra le altre cose, dopo essersi ambientati nella società, grazie alla chiesa (altro aspetto medievale importante lasciato a mio parere in secondo piano), Mario sfrutta la musica dei tempi moderni, dall’Inno di Mameli a Modugno per fare colpo su una donna.


Ginevra Rabini intepreta Pia che gioca a palla


Resa celebre nel 1984 con l’uscita del film, la battuta del fiorino è certamente rimasta impressa a tutti gli spettatori grandi e piccoli, in passato ed oggi. A pronunciare questa battuta verso la fine del film è il controllore della dogana che rivolge sempre le stesse domande a Mario e Saverio e chiede ripetutamente il pagamento della tassa di un fiorino. Scena resa quasi ridicola, che simboleggia forse la fiscalità la chiusura dell’uomo medievale.

Nel complesso il film è divertente, utile e coinvolgente per quanto assurdo e surreale. Ma sorge a parer mio una domanda: cosa sarebbe successo se i protagonisti avessero atteso tutti i treni al passaggio a livello?


di Eugenia Garcia - II liceo

«Mario, vuoi sposare mia sorella?». Mentre aspettavano al passaggio al livello, Saverio

cercava con innumerevoli tentativi infruttuosi di convincere Mario ad aiutare la sorella Gabriellina. Dopo un po’ di tempo, impazienti e arrabbiati, Mario e Saverio decisero di prendere un’altra piccola strada. Successivamente la macchina si ruppe e cominciò a piovere. I due amici si ripararono sotto un albero e videro in lontananza una casa. Senza saperlo, entrati in questa dimora stava cominciando la loro avventura nel Medioevo. Dopo aver trascorso la notte in questa abitazione misteriosa sprovvista di interruttori, furono testimoni di un crimine e in questo momento apparvero i primi personaggi medievali: Vitellozzo (il fratello della vittima) e sua madre Parisina. Mario fu sconvolto e decise di andarsene. Però aprendo la porta, ebbe dinanzi agli occhi una via in cui c’era un brulichio di abitanti medievali, con i loro vestiti stravaganti, i loro cappelli originali ricoperti di piume, i numerosi cavalli e gli abiti stesi al sole sulle finestre. Saverio e Mario chiesero in che anno erano e tutti risposero: «nel 1400, quasi 1500». Dopo questa notizia, corsero come pazzi e incontrarono varie persone, che affermavano sempre di essere nell’anno 1400. Saverio familiarizzò rapidamente con questo nuovo stile di vita, mentre Mario ebbe sempre difficoltà con i pantaloni medievali. A poco a poco, cominciarono a capire il sistema che regolava la vita quotidiana degli abitanti e Mario divenne amico di Pia, una giovane ragazza. Saverio, però, aveva un’idea ben precisa: fermare Cristoforo Colombo prima che partisse per scoprire l’America, poiché il ragazzo che aveva fatto soffrire Gabriellina era un americano. Dopo una serie di ostacoli e di peripezie, i due amici non arrivarono in tempo, tuttavia incontrarono Leonardo da Vinci e si resero conto che non era l’uomo intelligente ed ingegnoso descritto da tutti. In questo momento, Saverio e Mario speravano di potere ritornare nel loro comodo anno 1900 e in quel momento preciso, intravidero un treno… che però era condotto da Leonardo da Vinci, che aveva capito le loro spiegazioni sui binari e sui treni. 

 

Questa commedia di Roberto Benigni e Massimo Troisi è una boccata d’aria fresca che regala agli spettatori un momento di divertimento e di follia. Questo film mi ha fatto ricordare il famoso film francese Les Visiteurs, poiché entrambi i film sono fuori dal comune, ma estremamente legati alla storia. La fantasia e il cambio di epoca mi sono piaciuti molto, e la scelta dell’epoca è particolarmente interessante. Nonostante il Medioevo sia spesso descritto come un’epoca oscura e violenta, Roberto Benigni e Massimo Troisi hanno proprio scelto questo periodo. Mi sono immediatamente legata ai personaggi perché non sono seri e mi hanno fatto ridere fino alle lacrime. Tutte le battute del film sono fantastiche e sono anche rimaste proverbiali, come la famosa frase del doganiere: «Chi siete? Cosa portate? Sì, ma quanti siete? Un fiorino!», il «Grazie Marco!» di Parisina e l’incredibile frase di Mario: «Ma nove per nove farà ottantuno?». Nel corso del film sono apparsi vari personaggi storici come Girolamo Savonarola, Leonardo da Vinci e Cristoforo Colombo. Il Medioevo è ricostruito fedelmente grazie ai vestiti, ai numerosi cavalli, ai cappelli, alle abitazioni e alle abitudini della gente come l’ora del buio, che è un orario preciso che gli abitanti devono rispettare. 

Questa commedia mi ha fatto riflettere su quanto siano indispensabili per noi, individui del 2023, oggetti che all’epoca non esistevano. Infatti, Mario e Saverio, non possono più utilizzare interruttori, gabinetti, cellulari, treni e macchine, e ciò permette di creare effetti comici poiché tutti sappiamo utilizzare questi oggetti, ma spiegare come si creano o come funzionano è molto più complesso.


di Jacopo Zoletto - II liceo

Avete mai immaginato di tornare nel Medioevo, viaggiare in Spagna e rischiare di essere uccisi per fermare Cristoforo Colombo, tutto perché il fidanzato di vostra sorella, americano, l’ha piantata in asso? Ebbene, questo è grosso modo il film di Roberto Benigni e Massimo Troisi, dal titolo Non ci resta che piangere.

Tutto inizia quando, bloccati a un passaggio a livello, i due protagonisti, Saverio e Mario, imboccano in macchina una stradina secondaria, senza sapere esattamente dove conduca. I due si ritrovano presto con l’automobile rotta e sotto un acquazzone. Cercando aiuto e riparo, entrano in una locanda dall’aria antica, e solo il giorno dopo si renderanno conto di essere ritornati nel 1492. Dopo lo sgomento iniziale i due capiscono che dovranno stare lì per un po’: mentre Saverio cerca di cogliere l’opportunità e sfruttarla al meglio, Mario è molto riluttante, e cerca in tutti i modi di liberarsi dalla strana maledizione che li ha colpiti. Chi prima e chi dopo, i due si ambientano alle circostanze e iniziano a partecipare alla vita cittadina: gestiscono la macelleria, scrivono una lettera a Girolamo Savonarola perché liberi un loro concittadino arrestato ingiustamente, e Mario trova persino una ragazza, quindicenne è vero, ma per il tempo in età da matrimonio. 


Tommaso Mantovani e Jacopo Zoletto intepretano Mario e Saverio che scrivono a Girolamo Savonarola


E proprio quando Mario inizia a sognare il matrimonio, Saverio decide che dovranno compiere una missione: fermare Cristoforo Colombo prima che scopra l‘America. All’inizio il motivo non è chiaro, ma, convinto Mario, i due partono con un carro alla volta della Spagna. Durante il tragitto burrascoso incontrano anche Leonardo da Vinci, a cui tentano di spiegare alcune invenzioni moderne come il funzionamento dei treni, nonostante lui non sia così ricettivo: non capisce neanche le regole di scopa!

Alla fine però riescono ad arrivare in Spagna, ma invano: Colombo è salpato proprio il giorno prima, lasciandoli a mani vuote. Solo a questo punto Saverio, disperato, rivela la vera ragione dell'impresa: se non si fosse scoperta l'America non sarebbe mai nato il fidanzato di sua sorella, che l'aveva lasciata pochi giorni prima. Nonostante il giuramento di Mario, che si impegnava (se le cose fossero andate molto male) a sposare la sorella, presto si rendono conto che non torneranno mai nel presente: anche quando vedono la locomotiva di un treno, convinti di avercela fatta, scoprono, invece, che da Vinci era effettivamente un genio, e che in pochissimo tempo aveva progettato e realizzato il primo treno a vapore della storia grazie alle loro indicazioni. 

Non c'è niente da fare: rimarranno per sempre intrappolati nel Medioevo e per questo, non gli resta che piangere.

 Il film è una commedia, e il suo scopo principale è divertire lo spettatore. I due maestri delle risate Benigni e Troisi ci riescono perfettamente: sanno sempre come strappare un sorriso grazie alle battutine e all'inconfondibile ironia. Ciò che lascia un po' perplessi è il senso della trama, come e perché ci si ritrovi improvvisamente catapultati 500 anni nel passato, ma a meno che non si vadano a cercare complesse e stravaganti motivazioni nel subconscio dei personaggi, ci si può limitare ad affermare che in quanto commedia non necessita di una storia estremamente elaborata per raggiungere il suo scopo. 

Con uno sguardo più nel dettaglio, si capisce come i personaggi siano perfettamente azzeccati nel contesto: due uomini semplici e abbastanza ingenui della nostra epoca, che si ritrovano a subire una tortura per noi inimmaginabile. Tale contrapposizione crea un forte effetto di straniamento che amplifica enormemente la comicità di certe scene. Ad esempio, nelle prime riprese della parte del medioevo, i due protagonisti suggeriscono di mettere uno sciacquone del gabinetto, o un interruttore della luce nelle camere, senza rendersi conto di quanto sia complesso il sistema che c’è dietro.

Analizzando il contesto storico si può notare come sia semplicistico e stereotipato: i medievali sono rappresentati come stupidi (come nella scena della dogana, la figura di Leonardo da Vinci, la Parisina che ringrazia sempre e solo Mario) , alcune scene sono al limite del verosimile (Pia che lancia la palla e la riprende come fosse il gioco più difficile, il treno costruito senza tempo o mezzi sufficienti, il fatto che tutti sappiano della partenza di Colombo già il giorno dopo) e talvolta sfocia in anacronismi (le donne dovevano indossare il velo in chiesa, Colombo salpa due mesi prima della reale partenza). Tutti questi elementi sono ovviamente secondari e hanno spesso lo scopo di rendere l'umorismo più efficace, ma è opportuno farci caso per non farsi un'idea sbagliata del Medioevo.

Film famosissimo, Non ci resta che piangere è rimasto nella memoria degli italiani, con scene celebri diventate proverbiali. Il «Grazie Mario!» della Parisina, che ringrazia solo Mario in continuazione quando i meriti sono di Saverio, la richiesta di Saverio a Mario di domandare al fidanzato se abbia un'amica, il Fiorino di dogana richiesto al passaggio con il controllore che recita la stessa formula ogni volta che sente un rumore, e il trentatré, trentatré e trentatré di Leonardo da Vinci nella scena finale del film: questi gli esempi più famosi di frammenti entrati nell'immaginario collettivo. 

Nel complesso, un film classico da vedere per gli amanti della commedia, ma anche per chi ha voglia di svagarsi un po' e ricordarsi di quei nostalgici anni Ottanta.


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