Le donne e l’arte
di Alice Pacchiotti IV Liceo
Donne e Arte: un tema spesso sottovalutato, perché sottovalutate e sminuite per molto tempo sono state le donne anche in questo ambito, relegate, nei migliori dei casi, al ruolo di muse, figure malinconiche, ingenue e sensuali asservite unicamente all’immaginazione di qualche artista, preferibilmente maschio.
È a partire dal Seicento che possiamo percepire una prima inversione di marcia, grazie alla quale le donne artiste iniziano ad acquistare autorevolezza e valore, riuscendo finalmente a spezzare l’ombra che le ricopriva.
In particolare, è con Artemisia Gentileschi, pittrice italiana di scuola caravaggesca, che viene aperta la strada ad una nuova ideologia: non solo gli uomini possono ricoprire il ruolo di artisti, ma anche le donne.
Artemisia Gentileschi è stata infatti la prima artista donna ammessa all’Accademia di Arte del Disegno di Firenze, ma anche e soprattutto un’icona della lotta per la parità di genere.
Vittima di stupro, ebbe il coraggio di rivelare pubblicamente quanto accaduto e di raccontarlo attraverso sue opere, liberandosi così del ruolo di musa passiva che la costringeva a incarnare una figura interessante solo per la linea delle guance o del mento.
Due sue dipinti a mio giudizio raccontano in modo preciso questo importante passaggio.
Il primo risale al 1615, e si intitola Autoritratto come martire (figura 1): è una tavoletta di poche decine di centimetri, in cui Artemisia si ritrae con un turbante blu lapislazzuli e in mano la palma del martirio. Mi piace pensare che Artemisia, quando si è ritratta con il volto spento, lo sguardo tra il rassegnato e il rancoroso – lo sguardo di una prigioniera – sapesse che un giorno non troppo lontano dal suo dolore sarebbe nata una vita straordinaria e una donna nuova.
È così infatti che a distanza di qualche anno si dipinge nell’Autoritratto come allegoria della Pittura (figura 2) del 1638, opera che ho avuto il piacere di ammirare lo scorso febbraio a Londra dove è esposto a Kensington Palace. Una donna adulta, audace, che trasmette successo: indossa una collana che pende su un petto mostrato con orgoglio. Sul volto un mezzo sorriso di soddisfazione, forse di sfida. Lo sguardo penetrante interroga lo spettatore e sembra domandare: «Lo vedi cosa so e posso fare?»
Con il passare degli anni, il ruolo delle donne è divenuto sempre più fondamentale anche nell’arte e l’arte stessa è mutata. Se prima le donne artiste avevano cura di usare mezzi ed espressioni che non avevano scelto, perché tutto era gestito dal genere maschile, con l’avvento del femminismo cercarono di prendere come manifesto l’utilizzo del loro corpo per denunciare ciò che non funziona nella società e nella famiglia.
Un perfetto esempio è l’artista Gina Pane nella sua performance Azione sentimentale: l’artista si presenta a un pubblico femminile indossando un abito bianco che rimanda all’abito da sposa, ha in mano un mazzo di rose rosse e conficca le spine nel suo braccio; il sangue, così, macchia i vestiti bianchi. La performance rimanda sicuramente al martirio religioso ma è soprattutto una denuncia all’immagine stereotipata della donna, del suo ruolo di sposa, moglie e madre.
Pensiamo poi a Louise Bourgois, un’artista che entra in contatto con il dolore già da molto piccola: a soli tre anni subisce la morte del padre. Ed è così che la sua arte, oltre che strumento di diffusione di un messaggio nei confronti della libertà delle donne, diviene autobiografica. Louise Bourgois, infatti, attraverso la sua opera Maman (figura 3) che rappresenta un grande ragno, rovista nel proprio animo, nelle proprie ossessioni e cerca le ragioni e le infinite possibilità dell’essere artista, senza avere paura di essere donna.
Un altro esempio risale agli anni Sessanta, in cui non c’erano computer o software digitali, forbici e colla erano gli strumenti a disposizione per costruire un’immagine o la pagina di una rivista. Era l’età della pietra, rispetto all’intelligenza artificiale di oggi. Ma Barbara Kruger, artista statunitense ha creato un linguaggio inconfondibile, diventando un punto di riferimento della storia dell’arte contemporanea e della lotta per la parità di genere. È del 1989 l’opera che porta la scritta Your Body Is A Battleground (figura 4), (‘il tuo corpo è un campo di battaglia’): un poster della marcia delle donne a Washington per il diritto all’aborto. Mai come oggi, in un’America dove in certi Stati chi abortisce rischia l’ergastolo, un’arte del genere è ancora sfortunatamente attualissima.
Sarebbe bello dire che Artemisia Gentileschi, Gina Pane, Louise Bourgois o Barbara Kruger sono donne di altri tempi. Peccato che i nostri tempi ci ricordano ogni giorno che di queste donne non ce ne sono ancora abbastanza.
Fonti
M'illumino di inconscio: intervista a Louise Bourgeois di Antonella Barina, articolo di la Repubblica del 8 gennaio 2016
Campo di Battaglia: Barbara Kruger e il corpo delle donne https://issuu.com
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