di Alice Pacchiotti
Si può morire in nome delle idee, ma le idee non muoiono mai, sopravvivono al tempo, alle ingiustizie e ai crimini assurdi.
Giacomo Matteotti lo aveva compreso, altrimenti il 30 maggio 1924 nel suo intervento alla Camera dei Deputati non avrebbe urlato la frase «uccidete pure me, ma non ucciderete mai l’idea che è in me». Era consapevole, infatti, che sfidare i potenti lo avrebbe portato a imboccare una strada senza ritorno, che denunciare le intimidazioni che avevano caratterizzato le votazioni del 6 aprile 1924 era senz’altro un’azione giusta, ma al contempo pericolosa.
Il 10 giugno 1924, Giacomo Matteotti, Tempesta, come veniva soprannominato per il suo carattere irruento e coraggioso, fu rapito e ucciso da un gruppo di squadristi fascisti.
La figura di Giacomo Matteotti rappresenta un importante patrimonio della nostra identità nazionale. Tuttavia, nell’Italia di oggi Matteotti è paradossalmente poco conosciuto. Il suo nome riempie la toponomastica dell’intera Penisola, ha il record di intitolazioni di vie e piazze, ben 3.992 , ma ha ragione lo storico Sergio Luzzatto nel dire che «se non fosse per questo, cioè per la sopravvivenza che gli viene garantita dai postini, dai navigatori satellitari e da Google Maps, Matteotti sarebbe scomparso dalla nostra vita pubblica e privata».
È per questo che soprattutto oggi occorre guardare a lui non unicamente come martire ma come uomo «tutto intero, un politico e un cittadino» che ha combattuto per la legalità e la democrazia. Quello che colpisce della figura di Matteotti è infatti la sua poliedricità, ossia la varietà dei principi da lui sostenuti che ritroviamo nei suoi scritti e nei suoi discorsi.
Carlo Rosselli parla di lui come di un eroe tutta prosa , per il suo pensiero pratico e lo studio concreto della realtà: Matteotti passava ore nella biblioteca della Camera a sfogliare libri, relazioni e statistiche, per lottare contro le ingiustizie sociali ed economiche e per opporsi con la forza delle idee alle violenze fasciste che mal sopportavano il pensiero critico, la libertà e la democrazia.
La difesa dei lavoratori e della loro dignità costituisce il cuore dell’impegno politico e sociale di Matteotti che oggi, di fronte alle nuove forme di sfruttamento presenti nel mercato del lavoro, riconquista nuova attualità.
Sostenitore della libertà e della pace, Matteotti comprende «la natura violenta e l’intenzione totalitaria del fascismo» ed esprime la sua contrarierà ai conflitti, di ogni natura, ritenendo un 5 dovere morale oltre che politico quello di opporsi a soluzioni che non contemplino il dialogo tra i popoli e le nazioni, premessa necessaria e mai come oggi così importante se pensiamo ai conflitti in atto in Paesi vicini e lontani da noi.
L’istruzione costituisce un altro fondamentale tema su cui si snoda l’attività di Matteotti, in quanto elemento essenziale per la costruzione della democrazia e per l’emancipazione dell’individuo. Il rispetto della democrazia, dei principi di giustizia sociale e di crescita culturale ed economica è pertanto il fil rouge della vita di Matteotti.
Attraverso la sua lucida razionalità, Matteotti dimostra che la democrazia e la legalità non sono solo tecniche del buon governo, ma cura e rispetto della collettività.
Come ci si sia allontanati oggi da questi valori è difficile dirlo. Persino Machiavelli, massimo teorico dell'esercizio di potere senza scrupoli, avrebbe da ridire su certe modalità dei principi d’oggi. Il problema non è solo di forma ma soprattutto di sostanza, di presa d’atto dei problemi e di risposte concrete per risolverli. Spesso, infatti, si tende a fornire soluzioni sbrigative non rispettose del pluralismo per ottenere facili consensi, rischiando di incrinare le basi della democrazia.
Ciò che manca più di tutto oggi è quindi un’idea di futuro, un progetto a lunga distanza che guardi oltre il qui e ora per costruire qualcosa di solido. Davanti a ciò siamo proprio noi giovani i più scoraggiati: presenti nei programmi di partito, ma incorniciati in prospettive strette, come se fossimo finiti in una foto per caso, tagliati e non a fuoco.
Ma noi giovani siamo le idee, l’immaginazione, i più agguerriti a prendere di petto le cause umanitarie. Stiamo crescendo in un’epoca sempre più incerta, sconvolti da nuove guerre e da una catastrofe climatica in atto. Siamo consapevoli, pertanto, che la Storia è tornata; è per questo che, nonostante la distanza biografica dalla figura di Matteotti, siamo proprio noi giovani i più aperti a raccogliere l’eredità di questo gigante della democrazia.
In un tempo in cui «essere democratici è una fatica immane» , Matteotti ci inviterebbe a non essere 6 indifferenti, ad alzare il tappeto e rivelare la polvere che vi è sotto, per evitare che la situazione peggiori e lo sporco si accumuli, finendo per concepirlo come una componente normale. L’esempio di Matteotti, pertanto, ci fa comprendere che la democrazia è quel gioco in cui si vince solo se si partecipa.
Bibliografia:
Concetto Vecchio, Matteotti il caso non è chiuso, Il venerdì di «Repubblica», 29 gennaio 2024 Sergio Luzzatto, Prefazione al libro di Giacomo Matteotti Contro il fascismo, Garzanti, Milano 2019 Francesca Tramonti, L’idea dentro di me, Pacini editore, Pisa 2024
Carlo Rosselli, Scritti politici e autobiografici, Polis, Napoli 1944
Walter Veltroni, introduzione al libro di Giacomo Matteotti Un anno di dominazione fascista, Rizzoli, Milano 2019
Michela Murgia, Istruzioni per diventare fascisti, Einaudi, Torino 2018
Il testo di Alice Pacchiotti “Un gigante della democrazia” ha ottenuto la “menzione speciale” al concorso “Matteotti per le scuole – 1924-2024: la testimonianza e l’eredità di Giacomo Matteotti a cento anni dalla morte” bandito dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, dalla Fondazione “Giacomo Matteotti” e dalla Fondazione di Studi Storici “Filippo Turati”.
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